I NOSTRI GENITORI...

Figure di accudimento non in grado in maniera adeguata di rispondere ai bisogni del bambino,

trattengono il soggetto a una posizione iniziale centrata su di sè e non sull'altro nè sulla relazione



QUALI GENITORI HO AVUTO ?

                                                                                                                                                             

I genitori non sintonici possono essere:

pre-occupati

ipergratificanti (falsi)

iperfrustranti

deformanti

imprevedibili


Genitore pre-occupato

Rappresentano quella categoria di figure di accudimento che tendono ad occuparsi del bisogno del bambino prima ancora che questo si manifesti. Il bambino non solo non esperisce il processo di separazione tra il sé e l’altro, ma inibisce a poco a poco anche il proprio sistema pulsionale. Il sé non esiste e quindi non sente e non prova i contenuti emotivi. Ma, non essendo possibile inibire totalmente il sistema pulsionale, il soggetto è destinato a vivere conflitti intrapsichici che saranno prima o poi manifestati su un piano somatico tramite il sintomo patologico. Il soggetto, così inteso, procede nel suo sviluppo facendo anche altre esperienze con figure nuove, diverse da quelle genitoriali, rapportandosi alle stesse senza la struttura di base necessaria per costituire uno spazio relazionale con l’altro, il sé appunto. Ansia e depressione sono inevitabili e nelle forme più gravi   tale eziologia si esprime sotto forma di tratti di personalità dipendenti e passivo-aggressivo ove è alto il livello di difficoltà a percepire un sé adeguato in grado di “sentire” i propri bisogni e ove l’altro è utilizzato come sostituto del proprio sistema pulsionale.


Genitore ipergratificante

Questa tipologia ha la tendenza a “correre ai ripari” del bisogno espresso dal bambino. È il caso di quelli che vengono comunemente definiti “bambini viziati”, ovvero bambini che ottengono subito quello che desiderano. Il genitore ipergratificante fornisce però al bambino una finta gratificazione. Nel senso che risponde a quello che lui crede essere un bisogno del bambino. Ma di fatto risponde a un bisogno appartenente al proprio mondo interno “utilizzando” il mondo pulsionale del bambino. L’inadeguatezza della gratificazione fa sì che essa stessa non possa essere definita tale. I genitori appartenenti a tale tipologia sono riconosciuti quindi come “falsi ipergratificatori” consentendo quindi di mantenere l’eccessività di una gratificazione che però non può definirsi tale e quindi viene riconosciuta come falsa. Il bambino, mai entrato in contatto con un livello ottimale di frustrazione, ne rimarrà devastato e invaso quando, nel mondo esterno, incorrerà in una frustrazione. Non riuscirà a coglierla se non in maniera autodistruttiva. Chiari saranno i sintomi depressivi e alto sarà il senso di vuoto percepito dal soggetto .


Genitore iperfrustrante

Al contrario delle precedenti, tali figure tendono a fornire eccessive frustrazioni al bambino. Nella maggior parte dei casi ciò accade perché il genitore non si accorge neanche del fatto che il bambino possa avere dei bisogni. Il bambino vive in un mondo di silenzio affettivo e inizia ad assumere una difesa di carattere autistico o paranoide. L’altro è portatore di dolore e di frustrazione e quindi è bene starne lontano e trovare da solo la strada per sopravvivere. Infatti, l’altro è da evitare per non incorrere nella dolorosa e disaggregante frustrazione. Il soggetto si rifugia in una posizione ego-centrica espressa tramite il ritiro sociale che ha proprio la funzione, per il soggetto, di allontanarsi da un altro che assume una posizione centrale perché costantemente controllato e tenuto a distanza in quanto portatore di dolore.


Genitore “deformante”

Questi ha la tendenza a deformare il bisogno del bambino. Il caregiver sembra accorgersi della pulsione del bambino e si attiva per trovare ad essa una più o meno sufficiente risposta affettiva, ma fallisce. Tende a “stordire” il bambino. Il genitore né gratifica né frustra. Non è proprio nella relazione. Entra in uno stato di “trance affettivo” attivato da una fortissima e non riconosciuta angoscia. Il bisogno del bambino rappresenta in quel momento per il genitore un dispositivo di attivazione di tale angoscia che lo induce a fuggire affettivamente da un contenuto relazionale percepito come insopportabilmente doloroso. È il caso di genitori irrisolti e con una storia relazionale pregressa fortemente non sintonica tale da portare a fenomeni di disorganizzazione personale. Il loro sé è frammentato. Un mondo esterno senza affettività è un mondo nel quale riescono tutto sommato a funzionare in maniera equilibrata e stabile. Appena nel mondo esterno viene colto un segnale affettivo, quale può essere il pianto del proprio bambino, ecco che inevitabile è l’innesco di un sistema di difesa che stacca il soggetto dal contenuto realistico relazionale. Lo stato di “trance” rappresenta una sorta di contenitore uterino percepito come rassicurante e nel quale stare al riparo sino a quando il momento affettivo reale sarà passato. Nel frattempo il vuoto relazionale vissuto nella realtà, priva del soggetto in quanto si è appunto rifugiato in una dimensione staccata dalla stessa, viene riempito da comportamenti stereotipati quali far tintinnare nervosamente delle chiavi sul naso del bambino o dondolarlo nervosamente.  Il bambino, inserito in uno spazio relazionale di tal genere, non solo impara a non dare ascolto ai proprio bisogni, ma anche e soprattutto apprende un approccio dissociativo ai bisogni stessi.  Vive in uno spazio staccato da tutto ciò che è relazione. Siamo di fronte a disturbi gravi quali dissociazione e psicosi.


Genitore imprevedibile

Quella figura di accudimento che sembra non avere ancora ben chiarito dentro di sé una modalità relazionale. Frequenti sono i passaggi da comportamenti tipici del genitore pre-occupato a quelli del genitore ipergratificante o iperfrustante. Così facendo, il bambino, non solo vive tutte le conseguenze derivanti dalle carenze sintoniche delle singole categorie genitoriali indicate, ma percepisce anche un grande senso di confusione in quanto esposto a dinamiche relazionali non prevedibili e quindi fonte di incertezza. È molto facile che il bambino evolva verso sentimenti angoscianti di vuoto interiore che cercherà di evitare aumentando il controllo sugli eventi relazionali.





IL GENITORE SINTONICO....quello sano

Genitori sintonici invece, riescono, o grazie a una storia relazionale adeguatamente sintonica pregressa o grazie a un grande impegno personale atto a ristrutturare il proprio sé in relazione con l’altro, a garantire un adeguato livello di frustrazione e di gratificazione ai bisogni del bambino. Il genitore empatizza con i bisogni del figlio senza sentirsene pervaso o senza percepire un impulso alla fuga o alla riparazione o alla negazione degli stessi. Il bambino quindi, esperendo relazioni sintoniche, apprende di esistere. Il sé si struttura. L’altro viene colto e vissuto come opportunamente gratificante. Difficilmente tale soggetto manifesterà in età adulta sintomi patologici. Soggetti che hanno ricevuto adeguate sintonizzazioni affettive precoci sono soggetti che, anche di fronte a una successiva esperienza traumatica, riescono comunque a trovare dentro di sé risorse per integrare il vissuto traumatico in una storia di vita fondata su un sé coeso e definito.



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